Il Basket Vicenza si abbina al nome del suo fondatore, una grande persona: Antonio Concato, che lo plasmò con le sue mani, la sua passione, i suoi sacrifici e lo fece crescere a tal punto da essere verso la metà degli anni ‘60 la prima potenza del basket femminile in Italia. Nel 1967 Concato capì che per dare un volto più professionale alla società doveva alleggerirsi di una parte consistente del peso di responsabilità che lo coinvolgeva come tecnico: preferì dedicarsi alla parte dirigenziale e chiamare un allenatore professionista. La scelta cadde su Zigo Vasojevic, jugoslavo di Belgrado, coach molto affermato nella pallacanestro del suo paese. Zigo era stato prescelto per la sua filosofia di gioco che seppur di scuola “jugo” (“Devi arrivare a canestro prima degli altri e in una gara devi avere a disposizione un numero di tiri maggiore degli avversari”), strizzava già molto più che la coda dell”occhio alla pallacanestro americana. Concato portò Zigo a Vicenza anche per la sua grande capacità di insegnare basket: la società berica aveva organizzato un ottimo settore giovanile ed era necessario avere qualcuno che “facesse scuola” alle ragazze, ma che crescesse anche buoni maestri.
Le travi portanti della squadra allora erano Pausich, Persi, Gentilin, Agostinelli, ma già la giovane Rosi Bozzolo le stava affiancando migliorando di partita in partita. Con Zigo la striscia di scudetti di Vicenza si allungò e molti incontri divennero più roventi: Geas e Standa Milano si erano molto rinforzate e insidiavano la poltrona dalla quale Vicenza dominava il campionato. Nel campionato 1968-69 Vicenza si arricchì di un gruppo di ottime giovani, che in seguito avrebbero fatto storia nel basket italiano: Lidia Gorlin, Wanda Sandon, Ester Milocco, Tiziana Antonini e successivamente Chiara Guzzonato. Nel campionato 1969-70, del gruppo di “senatrici” di Vicenza rimane solo Gigia Agostinelli. Per il Geas è l”anno dell”esordio di Mabel Bocchi e per le sestesi di Luisito Trevisan è già scudetto: il Vicenza di Zigo deve accontentarsi della terza posizione.
L’anno dopo la Standa decide che è venuto il momento di fare qualcosa di importante per la società e porta Zigo a Milano; prima di dire che la squadra conquista un ottimo secondo posto in campionato dietro ad un sempre più scatenato Geas, è importante rilevare quanto il programma di Zigo mirasse a far crescere le giovani. Creò una vera e propria scuola basket Standa, dove in prima persona andava ad insegnare giornalmente prima di fare allenamento alla prima squadra alla Palestra del C.S. Ricca di Viale Corsica o alla Cambini, oggi intitolata ad Aldo Giordani. È stato proprio lui a introdurre e divulgare il tiro in elevazione nel basket femminile italiano: le nostre ragazze in precedenza tiravano quasi sempre con i piedi a terra. Diventò molto amico di Rubini: lo si vedeva spesso agli allenamenti dell”Olimpia. La Standa giocava le partite di casa in pre-partita all”allora Simmenthal, per cui Zigo era sempre presente alle gare dell”Olimpia, riuscendo così a tenere un ottimo rapporto con la stampa; ricordo in particolare la sua amicizia proprio con Aldo Giordani.
Il campionato 1972-73 premiò il lavoro di Zigo e la Standa con lo scudetto: la Serie A, oltre alla squadra milanese, a Geas e Vicenza, si era arricchito di altre ottime realtà: Bologna, Roma, Faenza, Treviso, Torino. Per questo la conquista dello scudetto fu veramente “sudata”, cosa che dava ancora maggior risalto al lavoro di Zigo. Nel campionato 1973-74 ebbi la fortuna di essere suo assistente alla Standa e, standogli affianco, ebbi la possibilità di conoscere tutto il suo valore. Allora le rilevazioni statistiche (lo scouting) durante la partita si facevano con blocco e penna. Zigo era esigentissimo in questo compito affidatomi ed era una grande soddisfazione per me che lo studiasse attentamente in spogliatoio prima di dare le direttive alla squadra su come continuare la gara nell”intervallo tra il primo e secondo tempo.
Spesso mi mandava a studiare le squadre che si sarebbero affrontate nelle gare successive proprio a Vicenza. La sua ex squadra era per lui il metro di valutazione per verificare come le sue giocatrici si sarebbero comportate contro la squadra oggetto della valutazione. Voleva sapere da quale “piastrella” le giocatrici tirassero con più frequenza, quale fosse la percentuale di tiro, i movimenti più ricorrenti in campo e come venivano affrontate dalle avversarie. Un modo avveniristico di studiare gli avversari, rispetto ad altri allenatori che mandavano i loro vice a rilevare solo gli schemi di gioco. Mi accorsi in seguito che il compito affidatomi era molto simile a quello utilizzato dai migliori allenatori USA.
Ricordo il suo modo molto minuzioso di preparare le gare: a differenza di molti altri colleghi di scuola jugoslava, votati prevalentemente all”attacco, lavorava molto sulla difesa e nella pallacanestro femminile apparve con lui la “zona adattata”, segreto fino a quel momento di coach Aza Nikolic all”Ignis Varese. Era molto apprezzato dalle sue giocatrici, anche se alcune volte un po” difficile da capire quando voleva trascinare tutte sulla sua strada e sulle sue concezioni di basket. Renata Tessarolo con Zigo si vide richiamare in nazionale e ricevette “ossigeno” dal coach di Belgrado per continuare a lungo la sua carriera. Una volta ci capitò di affrontare in trasferta in una delle prime gare di campionato la seconda squadra di Treviso, formazione molto giovane, neopromossa, allenata da Nidia Pausich. Ricordo come Nidia accolse Zigo al pullman: ancora prima di salutarlo calorosamente, come fece poco dopo, gli chiese di non schiacciare sull”acceleratore, ma di giocare una partita tranquilla, approfittandone per far giocare le giovani. La bellezza di quel dialogo fu che avvenne in stretto vernacolo triestino che Zigo adorava e del quale spesso usava i termini più tipici con molta proprietà.
Milan Vasojevic, detto Zigo, in gergo “lo zingaro”, lasciò la Standa nel 1975 per tornare in Jugoslavia ad allenare la nazionale del suo Paese portandola ad apprezzati successi. Non seppi più nulla di lui, fino a che lessi in un trafiletto della Gazzetta di qualche anno fa che ci aveva lasciato. Ci resta di lui anche una grande eredità tecnica, oltre che quella umana, nel ricordo delle sue giocatrici e di chi collaborò con lui.
Enrico Casiraghi
N.b.: molti dati sono stati rilevati dall’“Almanacco del basket femminile” di Massimiliano Mascolo, con la collaborazione di Giulia Arturi.