GEAS Academy al via, Pirola: “Sogno un impianto nostro ed un nuovo scudetto con le ragazze protagoniste”

Con l’ultima settimana di agosto anche l’attività del GEAS Academy si rimette gradualmente in moto. Il settore giovanile rossonero riaccoglierà piano piano le atlete nella casa del PalaNat, ancora una volta teatro di tanti allenamenti ed altrettante partite per la stagione che si appresta ad iniziare. Nei mesi estivi però si è attuato un cambiamento radicale in quel di Sesto, basti pensare solo al fatto che qualche settimana fa la stessa Academy non esisteva! Ora adesso abbiamo un nuovo nome, un nuovo logo, nuovi allenatori… Ed un nuovo responsabile tecnico.

Avevamo annunciato Gabriele Pirola a metà giugno come vero e proprio colpo grosso, vista il curriculum e l’ottimo lavoro svolto in passato. L’arrivo di Pirola è sinonimo che il GEAS vuole continuare ad investire sulle giovani, anzi ancor di più rispetto a quanto fatto finora.
Non credevamo potesse esserci momento migliore di questo, con i primi palloni che torneranno a rimbalzare sul parquet e le retine ad essere schiaffeggiate dai Wilson, per scambiare due parole col nuovo arrivo in casa Academy. Una chiacchierata interessante su tutto il mondo femminile, sulla società e sul momento storico per lo sport in Italia. Con degli obiettivi chiari sin da subito e tantissima voglia di fare bene in palestra.

Cosa ti ha portato a sposare il progetto Academy dopo i brillanti risultati ottenuti a Costa prima ed a Sanga poi?

Mi piace esplorare, e se trovo una sfida che mi affascina vado. E’ stato molto difficile “lasciare” le ragazze, le allenatrici e gli allenatori con cui ho “lavorato”. Ma col tempo ho imparato a seguire l’istinto anche se mi spinge “fuori” dalla mia zona di confort. Credo siano questi i fattori principali. A questi aspetti più miei e caratteriali aggiungo il feeling sia con le persone che mi hanno cercato (Edy Cavallini-Cinzia Zanotti-Cecco Vescovi) che con l’idea di sviluppo che mi hanno presentato.  Ho trovato la richiesta di mettere ordine e armonizzazione, sia negli aspetti tecnici che in quelli organizzativi, adatta a me e al mio modo di lavorare.
Ho apprezzato il fatto che per riuscire nell’intento potessi contare su una figura importante come Antonio Pollice. Mi ha sorpreso che, oltre a me e lui, la società abbia voluto nominare anche una figura di GM specifica per il settore giovanile come Roberto Zanotti. E, ultimo ma non per importanza, mi ha attratto “fatalmente” la possibilità che si possa un giorno arrivare a costruire un impianto di proprietà. In una realtà come quella milanese, nella quale la carenza di strutture è il problema numero uno per lo sport giovanile, mi è sembrato un’opportunità unica.

Su quali aspetti tecnici martellerai il tuo staff di allenatori al rientro in palestra?

Proveremo un modo di allenare particolare, per cui ci sarà bisogno prima di tutto di disponibilità e confronto. Non ho la “ricetta magica”, ho un mio modo di provare ad esplodere il potenziale che uno staff può esprimere. Per cui i primi aspetti su cui “martellerò” saranno la dedizione, la cura delle ragazze e dei loro percorsi individuali, il mettersi in ascolto e a disposizione. E’ un percorso, non un punto di partenza: imparare a fare bene insieme queste cose necessiterà di tempo.

Per quanto concerne la parte di gioco invece cercheremo di costruire partendo da concetti di spaziature semplici e grande attenzione alla parte più strettamente tecnica e gestuale. Come diceva un grande maestro come Paolo Parpajola: equilibrio del corpo e controllo della palla in ogni situazione.

Hai avuto già modo di assaggiare il mondo GEAS, nel mese di luglio: ti ha colpito qualcosa in particolare? Cosa ti aspettavi?

E’ stato un mese di luglio molto interessante. Sono rimasto colpito dalla voglia di essere presenti di alcune ragazze, allenatrici e allenatori. Tutti gli anni alleno nel mese di luglio, e puntualmente meno gente mi aspetto e più se ne presenta. C’è qualità a molti livelli, di certo un’ottima base di partenza. Ho voglia di esplorare il potenziale.

Stiamo vivendo un’estate Azzurra pienissima, anche se con risultati ondivaghi: dove pensi dobbiamo migliorare nella crescita del movimento giovanile, in generale, ed in particolare al GEAS?

Ho citato Paolo Parpajola per la parte tecnica, ora cito altri due allenatori che mi hanno insegnato molto: Alberto Galli e Andrea Schiavi. Con loro ho vissuto le lezioni più importanti: 1- La persona viene sempre prima dell’atleta; se valorizzi quella il resto è più facile da sviluppare; 2- A volte non parlare è molto meglio che parlare. Quando si molla la presa possono emergere qualità che sotto pressione restano sommerse. Non sono uno che sta zitto, ma sono diventato uno che si morde più spesso la lingua e respira prima di parlare.

Cosa serve quindi a migliorare la qualità del movimento?

  1. Impianti e strutture adatti. Questo è un tema della politica, cioè di tutti, e purtroppo siamo un paese che ancora si interessa poco al bene pubblico e ancor meno allo sport; ho la fortuna di vedere come funziona in Europa e non siamo a un livello adeguato alla ricchezza di cui disponiamo.
  2. Figure tecniche formate sia in ambito sport specifico che sulle abilità trasversali (le cosiddette soft skills). Da genitore i cui figli fanno sport mi aspetto una preparazione importante su quei temi. E purtroppo i nostri corsi di formazione sono ancora poco approfonditi.
  3. Una strategia di promozione del basket al femminile e… le risorse per trasformarla in azioni. Sono troppo poche le ragazze che giocano a basket, si parla molto del problema, poco delle soluzioni e poi… si fa ancor meno. Se un giorno avremo una base numerica adeguata… sarà tutto molto più divertente e di conseguenza il livello cambierà.

Cosa possiamo fare noi? Vado a ritroso:

  1. Costruire un piano d’azione per ampliare la base. Diamoci l’obiettivo di portare al basket 5 ragazze su 100. E’ poco? Probabilmente è 5-10 volte tanto quel che accade oggigiorno nella nostra regione.
  2. Formare i nostri allenatori e istruttori quanto meglio e oltre a quanto attualmente richiesto per allenare.
  3. Costruire e qualificare impianti in cui svolgere attività.

Quali obiettivi ti sei posto nel breve e nel lungo termine?

Nel breve mi piacerebbe:

  1.  Riuscire a dare agli allenatori un’idea chiara dei percorsi formativi e dell’impianto di gioco.
  2. Costruire un’alleanza con i genitori, in modo che possano essere un fattore e non un problema nella crescita delle ragazze in palestra.
  3. Dare alle ragazze un ambiente di allenamento divertente e qualificato sia dal punto di vista relazionale, che tecnico e fisico.

A lungo termine…. Mi aspetto di raccogliere i frutti della semina e del lavoro quotidiano. Quanto a lungo non saprei dirlo, ma se il terreno è buono e lo si lavora… a un certo punto i frutti crescono.

Cosa manca nella crescita attuale di una ragazza che termina il percorso giovanile e si affaccia al mondo senior? Come mai si fa fatica ad inserire le giovani?

Penso che le ragazze che hanno determinate capacità, voglia di allenarsi e attitudine al gioco se gestite bene possano arrivare a giocare in A1 e A2. Con alcune, quelle più talentuose, è più importante fare meno danni possibili. Sia come tecnici che come società e genitori. Più sono brave e più si dà per scontato che debbano sempre avere voglia e fare bene. Pensate a come possa essere deleterio non proteggerle da queste aspettative che si ritrovano addosso già a 15-16 anni. Con altre, meno talentuose ma comunque portate, bisogna invece costruire un percorso fatto di tanto allenamento e spazio in campo per provare e crescere.

Per tutte, iper-talentuose o nella norma che siano, vale per me una regola: prima bisogna imparare a stare in panchina e farsi trovar pronte se e quando chiamate, poi capire come essere decisive e di supporto in campo. Funziona così il basket e funziona così la vita. Guardare, capire, prepararsi e poi far bene. Questo è il percorso per avere soddisfazione nel proprio operato.

Domanda secca: meglio riportare uno scudetto giovanile che manca a Sesto da tantissimi anni o portare in pianta stabile una ragazza nel giro della A1?

I risultati sono una conseguenza del lavoro. Qualità del materiale umano (atlete e tecnici) + qualità dell’ambiente danno risultato nel tempo. Quanto tempo? Non lo sa nessuno e in un ambito come lo sport in cui non basta fare bene o molto bene, ma devi provare a far meglio degli altri… è la conseguenza di molti fattori. Se dovessi scegliere direi il contrario di quello per cui lavoro: uno scudetto prima e una ragazza in A1 l’anno successivo.

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