Una voce rossonera da oltreoceano: intervista a Lucia Decortes sull’esperienza Usa

SESTO SAN GIOVANNI, 28 gennaio 2019

L’estate scorsa la rossonera Lucia Decortes, classe 1999, ha deciso di cogliere al balzo la golosa occasione di un’esperienza all’estero ed è decollata per gli States, precisamente per Albany, capitale dello stato di New York. Per Lucia la scorsa stagione si era chiusa al meglio, con la promozione dalla A2 alla A1 dopo un grande campionato e con la maturità conseguita presso il liceo delle scienze umane Secco Suardo di Bergamo. Lucy – così la chiamano le compagne – ha iniziato a giocare a basket nel 2010 nella selezione di minibasket dell’Asd Sportivando Lussana, sempre a Bergamo. In quella squadra ha trascorso anche i due anni successivi nell’Under 14 e nell’Under 15, prima di approdare in rossonero nella stagione 2012-13. Da allora, Decortes non ha più lasciato Sesto, dove è cresciuta personalmente e sportivamente lungo il percorso che dalle giovanili porta all’A2, fino ad arrivare allo scorso anno, 2017-18, in cui ha disputato il campionato Under 20 con Biassono e la A2 con le rossonere.

Ora Lucia sta frequentando i corsi di psicologia della University of Albany e sta disputando con la squadra dell’ateneo il campionato di Ncaa. L’abbiamo intervistata per sapere come procede la sua vita da yankee.

 

Come ti trovi in America? Come sono la città, i quartieri, l’università che frequenti? Com’è stato per una studentessa/giocatrice italiana vivere uno spostamento così importante?

 

Qui mi trovo molto bene: la città è davvero carina, anche se non ho mai molto tempo libero per poterla visitare. L’università è abbastanza grande ed è composta dai vari dormitori, dai settori dei diversi indirizzi di studio (scienze, arti, business e altri ancora), dal campus center e dai diversi campi per i diversi sport come football e lacrosse e ovviamente dalla palestra. Per quanto riguarda l’adattamento, devo ammettere che all’inizio è stato molto difficile, soprattutto per la lingua e per tutti i cambiamenti che una scelta del genere comporta.

 

Parlaci dell’indirizzo di studi che hai scelto.

 

Per ora la mia major è psicologia, però la cosa bella è che qui si ha sempre la possibilità di cambiare indirizzo di studi. Quest’anno è stato per lo più un anno di assestamento e dal prossimo vorrei capire bene quale indirizzo di studio sia a me più congeniale. Psicologia però mi piace molto: inoltre il primo semestre è andato davvero bene e ho avuto una media GPA di 3.58 su un massimo di 4 punti. A proposito di scuola, sono molto orgogliosa del fatto che la nostra sia la squadra sportiva con l’indice GPA più alto di tutta l’università!

 

Le università Usa sono note per riuscire a conciliare nel modo migliore studi accademici e attività sportiva di alto livello: come è vissuta lì questa “doppia vita”?

 

La doppia vita rimane comunque molto faticosa poiché comporta un continuo correre da una classe all’altra prima di andare ad allenamento e di finire di nuovo in classe. Però a livello generale l’essere un’atleta viene rispettato molto: ad esempio, si dispone di una giustificazione valida ed accettata dai professori qualora sia necessario saltare alcune lezioni per motivi sportivi.

 

Rimaniamo in tema sport: com’è il livello del tuo campionato? È cambiato qualcosa nel tuo modo di giocare o di intendere il basket dal tuo arrivo?

 

Il livello del campionato è abbastanza alto, all’incirca paragonabile alla A2 italiana. La pallacanestro qui cambia molto soprattutto per quanto riguarda la difesa: ho avuto infatti qualche difficoltà iniziale a capire come gli allenatori volevano che ci muovessimo. Ora sto lavorando duro soprattutto a livello individuale. Gli allenamenti di squadra sono assai faticosi: spesso abbiamo delle sedute di tre ore e, due volte alla settimana, ci alleniamo dopo aver fatto un’ora di pesi. In seguito al lavoro si prova però una grande soddisfazione. Quest’anno non ho un grande minutaggio in campo poiché sono una matricola e per il livello fisico, anche se devo ammettere di essere diventata più grossa dal mio arrivo, sia per i pesi sia per il cibo [risata, ndr].

 

In generale, come cambia la vita oltreoceano?

 

La vita cambia anche solamente per il fatto di dover parlare continuativamente in inglese: questo richiede una grande concentrazione. Inoltre, nel bene o nel male, vivere lontano da casa e dalle proprie tradizioni fa crescere moltissimo e insegna ad adattarsi. In generale però mi sono trovata benissimo e non mi sono fatta prendere dalla nostalgia: qui si è sempre molto impegnati fin dall’inizio e quasi non si trova il tempo per pensare alla distanza da casa. Le persone che ho conosciuto sono state fin da subito gentili e disponibili: ho fatto amicizia facilmente, nonostante il problema iniziale della lingua.

 

Consiglieresti a qualche giovane studentessa/giocatrice italiana di fare la tua scelta?

 

Consigliare? Assolutamente si! È una grandissima opportunità per imparare a vivere nel mondo e crescere a livelli esponenziali. In più, non solo si ha la possibilità di lavorare duro e migliorare a livello cestistico e scolastico, ma si ha l’occasione di vivere grandi esperienze: visitare città mai viste, mangiare il vero american food, conoscere persone da tutto il mondo, celebrare la festa del ringraziamento e molto altro ancora. Ovviamente bisogna essere pronti ad incontrare momenti difficili, ma con il passare del tempo si impara ad affrontarli con il giusto atteggiamento.

 

Fabiano Scarani – Ufficio stampa ALLIANZ GEAS

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